Del cosiddetto percorso protetto
la legge non ne parla e nel DPR n. 616
del 1977 si parla in generale della materia dell'assistenza sociale affidata ai
Comuni. La delega ne prevede la competenza disciplinare alle Regioni. Le leggi
regionali pur intervenendo sul tema dell'assistenza sociale, lo hanno trattato
in via generale sugli aspetti più marcatamente avvertiti, delegando ai Comuni
l'organizzazione strumentale di supporto alle Istituzioni come la Magistratura.
Non troviamo alcuna disciplina riguardante la tutela del minore nei rapporti
con la famiglia e
con i genitori separati o divorziati. Troviamo invece molto
approfondito l'argomento sui minori dalla legislazione internazionale e da
quella Europea come: La Carta delle
convenzioni internazionali, le direttive europee, la Carta di Noto, le linee
guida del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, la Scheda dei diritti
umani, leggi e documenti che insistono sull'obbligo di prestare ascolto al
minore, di rispettare la sua personalità e i suoi diritti. L'art 9 “Convenzione
dei diritti dell'infanzia O.N.U 1989 M.Y.” stabilisce che il bambino deve
mantenere relazioni personali e contatti diretti in modo regolare con entrambi
i genitori, salvo quando è contrario al maggior interesse del bambino”.
Dunque la convenzione privilegia due condizioni: le relazioni personali con
entrambi i genitori e il superiore interesse del minore. Gli operatori, giudici
e servizi hanno l'obbligo di indirizzare le norme in tale direzione. E'
violazione di legge quando si toglie un genitore al minore. E' un abuso quando
si impone un percorso protetto al genitore col quale il minore vive ottima
relazione e la giustizia si muove
contro il suo superiore interesse. Che cosa è il percorso protetto! È un cammino imposto, in spazi neutri, a
sostegno dei diritti dei bambini e degli adolescenti al mantenimento della
relazione con i genitori non collocatari.
La legge non ne parla e neppure esistono normative di settore regionali
o locali. Esistono dei protocolli, nati da una prassi di comportamenti
giuresprudenziali che si sono consolidati nel tempo. Il percorso è tracciato in
un protocollo che deve tener conto degli interessi del minore e soprattutto
della relazione col genitore. E' errato e pregiudizievole un percorso imposto
al genitore che ha una normale relazione col figlio, perchè viene alterato il
concetto del rapporto vissuto precedentemente. Il tribunale ha l'obbligo di
accertare questa circostanza, prima di disporre un percorso limitativo o
condizionato della relazione vissuta tra il genitore ed il figlio. Quando poi
sorge la necessità accertata concretamente che è utile ed importante il
cammino, per avvicinare il genitore al figlio, il progetto non deve limitarsi
ad una generica ed astratta dichiarazione di intenti, ma deve riportare la
linea guida e concreta adatta al caso, con la metodologia da seguire. Poiché il
provvedimento deve tendere alla riunione del genitore col figlio, corre anche
l'obbligo della vigilanza dell'Autorità giudiziaria su: efficienza, efficacia e
tempestività dell'azione dei servizi interessati. La tempestività è non solo un
requisito di legittimità del provvedimento, ma una condizione fondamentale di
vita e della finalità del provvedimento stesso. Ciò perchè tutta l'attività
giudiziaria deve tener conto della evoluzione rapida della persona del minore.
Isolare un minore e allontanarlo dal genitore e non rimuovere subito gli
ostacoli per rimetterlo nella condizione di vita normale, comporta un danno
grave ed irreparabile al suo equilibrato sviluppo psico-fisico. Un protocollo molto dettagliato, certamente
da maggiori garanzie di risultato rispetto a quello vago e generico.
Quest'ultimo si presta più facilmente a criteri personali e discrezionali del
funzionario, con le conseguenze comprensibili sui risultati. I Tribunali, nella
quasi generalità, non richiamano il protocollo, ne dispongono il percorso, ma
ne affidano il protocollo alla discrezione degli operatori per valutazioni e
meriti che riguardano affetti, sentimenti e preoccupazioni genitoriali e
relazioni. Il minore, invece deve essere posto al centro di qualsiasi
discussione, interpretazione e interesse sociale. Nei conflitti tra separati,
le liti si spostano su interessi o diritti di uno o dell'altro coniuge,
dimenticando il bene più importante che è il minore. Non si tiene conto che non è il minore a
voler separarsi dai genitori, ma uno o
entrambi i genitori. Qui è il nodo che la Giustizia minorile non ha saputo
affrontare. La Carenza di leggi è dovuta alla impossibilità di potere
intervenire in una così speciale materia. Infatti nessun tribunale può
decidere nella sfera affettiva del minore. Tribunali e Servizi sociali
seguono prassi e riti generici e vaghi
che portano ai risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Le decisioni
sono il frutto di una buona o carente cultura familiare, ma che “passano in
nome del popolo italiano”. Giudici ed operatori, quando non sanno trovare
la giusta, corretta ed equilibrata decisione, compiono disastri familiari
e giudiziari di cui non rispondono, i
cui effetti ricadono su tutta la società. Il giudice ha l'obbligo di emettere provvedimenti chiari,
con una direttiva precisa, per i servizi, indicando percorsi, luoghi e tempi
per evitare protocolli fantasiosi, lungaggini e spesa incontrollata, soprattutto
questa sostenuta per il mantenimento di strutture private. I Tribunali
conoscono questa realtà, ma non fanno niente per evitarla. E' più facile per il
giudice imporre ad un genitore di
attenersi ad un percorso protetto, senza un chiaro e preciso protocollo,
che imporgli di stare col figlio e di continuare ad amarlo. Nel primo caso
delega la funzione senza controllare, nel secondo caso ha l'obbligo di
vigilare, di partecipare, di impegnarsi a ricongiungere la famiglia o favorire
la relazione tra genitore e minore. E' questa la contraddizione della Giustizia minorile. Le decisioni dovrebbero
essere le conseguenze di fatti accaduti, accertati e non presunti, per soluzioni
conseguenziali, mirate e chiare. Invece nella generalità dei casi dei programmi
protetti, non si parla dei fatti e degli
obiettivi ma della necessità di fare incontrare padri e figli in un luogo dove
finiscono per giocare e non per approfondirsi, discutere, parlarsi, confidarsi
nel rispetto del vincolo di sangue e della cultura familiare. Se un genitore
artatamente si lamenta la Giustizia penalizza l'altro mettendolo a giocare col
figlio, per un'ora al giorno, per mesi e per anni. E gli altri aspetti più
importanti del rapporto? Invece la scienza parla di relazioni per stimolare
conoscenze tra due culture che devono muoversi per lo sviluppo equilibrato del
minore. La Giustizia, invece di indagare per capire e assicurare il benessere
del minore, sequestra il genitore, visto dal figlio come punto di riferimento e
lo tiene in attesa di.... La Giustizia è un valore assoluto che incute timore
riverenziale tanto più, quanto più chi l'amministra trasfonde e trasmette
sentimenti di certa e serena amministrazione. Quando ciò non accade, vuol dire
che la legge ha subito una violenza, il cittadino è impaurito e le istituzioni
hanno imboccato una strada molto pericolosa. L'arroganza della giustizia in tal
caso si confonde con il concetto di un'altra cosa gestita e amministrata da
poteri forti, occulti. Il cittadino si perde, si allontana e si abbrutisce nella scelta culturale. Il
minore è il bene più prezioso di una società. Quando lo Stato delega la cura
dei diritti e degli interessi dei minori a rappresentanti e amministratori che
li usano senza alcun rispetto per la loro dignità, ha voluto rinunciare al suo
supremo valore di garante delle istituzioni e della democrazia. Assistiamo
inermi ad abusi, persecuzioni, collusioni, concussioni e mercanteggio di
innocenti perchè lo Stato non esiste e la GIUSTIZIA viene amministrata in nome
del popolo italiano.
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