martedì 11 novembre 2014

La Giustizia minorile non ha alcun rispetto dei diritti e della dignità della persona del minore!

Avv. Gerardo Spira


I genitori si separano, discutono e litigano per un euro di mantenimento in più al mese, per qualche ora in più di frequenza col figlio, mentre la Giustizia partecipa alla contesa parteggiando ora per l'uno, ora per l'altro. Nessuno giudice ha pensato di imporre ad entrambi di svolgere il proprio ruolo assegnato dalla legge.

Di fronte ad una mancanza la giustizia decide di limitare i poteri al genitore o di togliergli il figlio, invece di incollarlo con la forza ad entrambi.

Con la crisi del matrimonio sono messi in discussione diritti, sentimenti e futuro di persone vittime di puntigli, strumentalizzazioni e accanimenti giudiziari.

La volontà del legislatore è affidata alla responsabilità di Istituzioni gestite e rappresentate da soggetti che, divenuti intoccabili ed inamovibili, hanno costruito un potere più cancerogeno di quello criminale.

Nel mondo minorile, per il diffuso "meticciato giudiziario-istituzionale", il diritto assume toni, configurazioni e connotazioni propri di una cultura intrisa di ricatti, di vendette e di violenti stupri psicologici.

La giustizia minorile è finita per essere sottomessa agli umori personali e famigliari di soggetti che trattano i sentimenti, il dolore e i desideri di un bambino con il metodo di una pratica burocratica.

Il principio di snellimento e accelerazione delle procedure, tanto sostenuto dal legislatore, è usato su moduli o modelli prestampati, raffazzonati con domande che non riguardano il minore, la sua vita e i suoi interessi, ma il costo di una concessione o autorizzazione di tempi di vita e di relazioni.

I tribunali per i minorenni, vanno soppressi e subito perché non sono garanti della giustizia certa ed imparziale e non riscuotono la fiducia del cittadino.

Bene la riforma in corso! speriamo che l'avvocatura, individuata al posto della magistratura, sappia cogliere il momento per partire col piede giusto e con una visione diversa, ponendo al centro delle composizioni il minore e i suoi diritti come riconosciuti e sanciti dalle Carte internazionali, ma soprattutto sappia tenere Giudici e Servizi socio-sanitari lontani dalle questioni minorili.

La storia del caso, che seguo, come si è svolto tra Tribunale per i minorenni e Corte di appello di Roma non è solo un esempio di mala giustizia ma l'esempio classico di come la magistratura e i Servizi socio sanitari nella Capitale d'Italia si siano accaniti, con perfidia inaudita contro un padre, riconosciuto dalla stessa moglie attento e corretto, per togliergli il figlio, contro la volontà chiaramente espressa dal minore, senza alcun rispetto dei suoi diritti e della sua dignità, pur in presenza di una malattia rara.



Nel novembre del 2011, dopo una serie di false denunce strategicamente attivate, la moglie del mio assistito, presenta ricorso al Tribunale per i minorenni di Roma, per ottenere l'affidamento esclusivo del bambino e togliere al padre la potestà genitoriale. I presunti motivi vanno dal mancato mantenimento alla manipolazione del bambino

Il minore, per l'accordo omologato dal tribunale, viveva con la madre, ove era stato “collocato”.

Il Tribunale, sul ricorso della madre, sospende cautelativamente la potestà del genitore e dispone un percorso protetto padre-figlio, incaricando i Servizi del Comune di Roma per l'esecuzione.

Il mio assistito, pazientemente si sottopone alla decisione certo del rapporto col figlio. Il servizio, per la mancanza di strutture a Roma, viene affidato, non si sa da chi, senza l'assistenza pubblica, ad una cooperativa?!

Dopo due incontri, per la particolare situazione di salute del bambino, il padre segnala che a suo avviso, come ha potuto constatare, il figlio non tollera quella specie di incontri ed informa che lo stesso ha manifestato il desiderio di volere stare con lui e col fratello fuori da quei luoghi.

Dopo una accurata istruttoria il Tribunale, contro la relazione di una psicoterapeuta dell'ASL Roma/a e contro il parere del P.M, emette decreto il 16 luglio 2012 col quale rigetta il ricorso, dichiarando completamente insussistenti i presupposti fondanti la richiesta.

In uno Stato di diritto, decretate le accertate falsità, correva l'obbligo di aprire procedimento penale contro tutti coloro che avevano rese dichiarazioni false e si erano resi responsabili del tentativo di trarre in inganno la Giustizia . Qualcuno aveva ordito il complotto. Sarebbe finita qui la questione !

Padre e figlio riprendono rapporti, come prima, secondo gli accordi della separazione, tra gli incidenti di percorso frapposti dalla madre e sostenuti da una cultura di difesa impregnata di odio verso il maschio.

Lei promuove reclamo alla Corte di appello, riproponendo la stessa richiesta, col sistema tecnologico del copia ed incolla.

All'udienza del 15 gennaio 2013, vengono, velocemente, sentite le parti e il P.M che questa volta si esprime per il rigetto del reclamo.

Il 4 marzo 2013, dopo che il genitore aveva accompagnato il figlio a scuola, in costante e normale ripresa delle frequentazioni, viene a conoscenza che la Corte di Appello aveva stravolto la decisione del Tribunale emessa dopo dieci mesi di istruttoria, decidendo per l'affidamento esclusivo alla madre e per la ripetizione del percorso protetto, come richiesto dalla solita funzionaria ASL

Il collegio della Corte di appello, senza alcuna altra istruttoria integrativa e giustificativa, sulla base delle stesse richieste di parte, già esaminate e rigettate dal Tribunale ribalta la decisione del primo giudice e dispone per un provvedimento sconclusionato, confuso, contraddittorio e intriso di risentimenti vendicativi.

Il Giudice della Corte di appello stende la relazione nel periodo in cui padre e figlio, ignari di quanto si decideva sulla loro pelle, si incontrano senza alcun ostacolo, si vedono, vivono i fine settimana come prima, trascorrono un residuo di vacanza estiva e quelle natalizie a casa della famiglia paterna al mare.

Mai in questo periodo la madre ha creato problemi all'ex marito, mostrandosi stranamente serena e generosa. Probabilmente nascondeva il segreto sul piano che aveva ordito e concordato che non era riuscito davanti al Tribunale.

Infatti il Giudice della Corte di Appello, mentre decide, non si accorge che il minore vive felicemente il rapporto col padre e non si pone la domanda :” dove sta il bambino, con chi vive e come vive”. Quel Giudice non dispone, nel dubbio, nemmeno una sommaria indagine, per accertare come stava la situazione.

Quel Giudice, attraverso la lettura del reclamo, che un suo più attento collega aveva respinto, sulla base del “ sentito”, inopinatamente decide di togliere il figlio al padre e dispone di ripetere il percorso protetto, senza acquisirne il certificato abilitativo.

Quel Giudice, nella sua qualità di peritus peritorum, si è assunta la responsabilità della decisione, provocando, per gravissima negligenza, come è accaduto, una pericolosa condizione che nessun altro giudice ora intende sciogliere.

Il provvedimento viene notificato ai Servizi sociali del Municipio 2 del comune di Roma, con la disposizione di programmare ed organizzare gli incontri in collaborazione con l'apposito servizio dell'ASL.

Rientra in gioco la dirigente del servizio ASL Roma/a, amica della madre del minore e ricusata per avere reso una relazione, senza alcuna garanzia legale, al solo fine di coprire gravissimi fatti riferiti dal bambino.

Il mio assistito, in seguito alle pressioni telefoniche del figlio e dopo apposite diffide riesce ad ottenere l'incontro, per la programmazione del percorso, in cui mi costituisco come legale.

Nell'incontro del 5 maggio 2013 il padre del minore, chiede di avviare il procedimento e di stabilire il protocollo per il programma e le modalità di organizzazione del percorso. Le responsabili del Comune dichiarano che gli incontri si faranno secondo un calendario da concordare, senza alcun programma, in una struttura privata gestita dalla stessa cooperativa di servizio, del primo percorso. Il mio assistito insiste che venga fissato il programma con tempi, modalità ed obiettivi. Le responsabili si rifiutano e avvertono che loro si sentono e informano il magistrato, ma che non sono tenute a verbalizzare alcunché di quanto avviene.

Il padre del minore, costretto dalle circostanze, concorda la serie di incontri dal 6 maggio 2013 fino al 27 giugno, riservando a questa data di fare il punto della situazione.

Il bambino si presenta felice agli incontri saltando addosso al padre, appena lo vede e giocando con lui come normalmente faceva. Durante l'ora stabilita manifesta le sue idee e chiede al padre di non volerlo incontrare in quel luogo, ma che vuole stare con lui e il fratello come prima, libero di giocare all'aperto e sulla spiaggia.

Appena scocca l'ora, il bambino si nasconde dietro al padre, pregando l'educatore di turno di negarlo alla madre.

L'evento si ripete ad ogni incontro fino a quando dopo qualche settimana il bambino piangendo chiede al padre di riferire al giudice che non vuole fare quegli incontri, ma che vuole stare con lui e il fratellino come prima. Il padre lo tranquillizza e rassicura che gli incontri non li farà più e che la sua volontà sarà rispettata e comunicata al Giudice. .

All'incontro del 27 giugno con tutte le parti presenti dei Servizi sociali il padre del minore riferisce della volontà del figlio, dichiara di interrompere gli incontri e invita Servizi e Magistratura a rilasciargli un certificato da cui risulti che quel percorso non è di pregiudizio al figlio.

A tal proposito, poiché ciò era accaduto anche nella fase davanti al Tribunale chiede di sapere se il Collegio della Corte di Appello si fosse munito del predetto certificato prima di disporre lo stesso percorso, interrotto dal primo giudice.

Dal 27 giugno 2013 nessuno risponde e da quella data il padre non vede il figlio, lo sente quasi quotidianamente e non sa più cosa rispondere alle tante sue richieste.

Il 3 di febbraio 2014 è stata presentata al Presidente del Tribunale dei minorenni di Roma apposita istanza per l'ascolto del minore, completa di tutto ciò che è accaduto, dei chiarissimi resoconti degli incontri verbalizzati dagli educatori di turno.

Il Presidente del Tribunale per i minorenni di Roma tiene ferma una richiesta espressa e non si sa per quanto tempo ancora,impegnando un Servizio pubblico come una cosa privata. La giustizia è un valore assoluto di cui ogni magistrato deve rendere pubblico conto, giustificando tempi e termini.

Il 7 di gennaio di quest'anno la madre del bambino senza il consenso del padre, si è trasferita a Milano, sottraendolo ad una disposizione rimasta sospesa a Roma.

Non è dovere funzionale del P.M e del T.M attivare iniziative per accertare se sono stati commessi reati col concorso di chi aveva il caso in carico ?

Carenze, abusi, omissioni e gravi inadempienze hanno consentito di sottrarre illecitamente il bambino al padre, impedendogli dolosamente di attendere alle cure filiali.

Ma c'è di più. Il provvedimento della Corte di Appello, emesso in modo vago e generico è stato inviato ai Servizi del Comune per l'applicazione, senza richiami normativi, senza la specificazione del tipo di protocollo, delle modalità, tempi e obiettivi e senza l'indicazione dell'Autorità incaricata del controllo e del referto finale.

Per gli studiosi di statistiche evidenziamo.

Il collegio del Tribunale per i minorenni che ha emesso il provvedimento del 12 luglio 2012 era presieduto da un giudice di genere maschile, il il P.M contrario di genere femminile.

Il collegio della Corte di Appello del provvedimento del 4 marzo 2013 era presieduto da un Giudice di genere femminile, il P.M, favorevole al rigetto del reclamo, di genere maschile.

Tutti i responsabili dell'ASL e dei Servizi del Comune erano e sono di genere femminile. Il Presidente del Tribunale dei minorenni di Roma davanti a cui pende da 10 mesi l'istanza per l'ascolto del minore, è di genere femminile.

La responsabilità è un principio che non si può insegnare, essa fa parte della cultura dell'uomo che si manifesta con tanta più forza quanto più è distaccata dagli umori e dalle sensazioni personali.

Chi pagherà ? Nessuno, solo ed esclusivamente : il minore.

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