martedì 22 ottobre 2013

IL PUBBLICO UFFICIALE VA ANCORA PER QUESTI MARI?



di Eugenio Spira

Roma. Negli uffici del Comune di Roma regna confusione e saccenteria, per non parlare dell’arroganza tipica di chi non sa, di chi è vistosamente incompetente. Spontanea la domanda: chi ha permesso che a gestire la cosa pubblica dalle postazioni destinate a fornire servizi al cittadino siano impiegati e funzionari che non s’aggiornano, non studiano e calpestano quotidianamente cittadini e loro diritti? Il cittadino, ormai, è demotivato ed entra negli uffici con timore. Con il timore di dover subire l’arroganza della P.A. Capitolina ed il timore di non vedere il proprio diritto garantito, tutelato, protetto. Si giunge presso gli uffici Capitolini e tutti, persino l’usciere, camminano ad un palmo da terra, convinti di essere un “riferimento amministrativo” per te, povero ignorante, che sei entrato da quella porta. L'usciere ti riceve, pieno di se, ti chiede “Cosa devi fare? Sai già presso quale ufficio recarti?”, poi gli è consentito di darti anche un suggerimento, che lui si rivende come “un consiglio per evitare che tu possa sprecare il tuo tempo senza ottenere risultato”. Sprecare il tuo tempo! Ma come? Nella casa comunale, che è la mia casa, qualcuno, messo li per caso fortuito, ma soprattutto perché quello stipendio è stato deciso fosse ahimè, da lui, dico, proprio da lui, percepito, mi deve dare il consiglio perché io non sprechi il mio tempo? E di quanto in qua ci si reca presso gli uffici comunali per ricevere consigli? Ma soprattutto, da quando bisogna considerare il tempo dedicato alle cose proprie negli uffici comunali, tempo sprecato? Forse chi opera all’interno, come l’usciere appunto, sa bene che la risposta amministrativa è talmente macchinosa e farraginosa da mettere in seria discussione il tuo tempo? E i criteri dell’efficienza, dell’efficacia e dei procedimenti snelli sottolineati nella legge, a chi sarebbero diretti? Ma la vogliamo smettere? Vogliamo cominciare a comprendere che la vecchia cultura del “piacere”, “del consiglio rivenduto per scroccare un misero caffè”, “della pratica mandata avanti non perché in linea con i dettami legislativi e dunque meritevole di proseguire l’iter amministrativo, se non altrimenti perché qualcuno è riuscito a “sbloccare una certa situazione” tanto da sentirsi legittimato e senza ritegno a chiedere qualcosina in cambio, è superata. 

Qualcosina! 

Il pubblico ufficiale va ancora per questi mari? Oh, allora mi spiego perché negli uffici del Comune di Roma la 241/90 non si conosce e, persino il più semplice impiegato si è convinto di avere discrezionalità funzionale. Si, discrezionalità, come quella ancora lasciata ad alcuni magistrati! Pensate lettori, nel municipio II, adesso accorpato al III municipio del Comune di Roma, alcune impiegate, si sono macchiate del reato di falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e per contraffazione di pubblici sigilli o strumenti destinati a pubblica autenticazione o certificazione ed uso di tali sigilli e strumenti contraffatti. Mentre a Castel San Giorgio, tre carabinieri sono sott’inchiesta per questi reati ed il P.M. che ha disposto le indagini ha lavorato sul caso come un forsennato, le impiegate del Comune di Roma, il cui operato è stato segnalato al P.M. del Tribunale Per I Minorenni per quanto di competenza, ancora continuano a far danni, incontrastate. Il P.M. aspetta la querela di parte, i dirigenti apicali delle impiegate non muovono un dito, il tutto, a danno di un minore. Negli uffici del Comune di Roma non conoscono e non attivano il procedimento amministrativo come impone la legge, eppure, dal 90’ ad oggi, impiegati e dirigenti hanno avuto tempo per aggiornarsi! “Roma Capitale” ha fatto flop. Chiedo ai miei lettori, se nessuno eccepisce irregolarità, abusi ed omissioni, l’usciere, una volta in pensione, agli amici, davanti al bar racconterà di aver aiutato tantissime persone con i suoi consigli durante gli anni di servizio?
E le impiegate del municipio II cosa racconteranno?

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